Avete viaggiato quest’ anno? Neanche voi? Allora perché non esplorare luoghi attraverso la letteratura?
La lettura che viene proposta oggi è “Anabasi”, la storia di un viaggio, una sorta di commentario di cesariana memoria
L’“Anabasi” è una storia, un racconto, eppure una trattazione di fatti realmente accaduti nel IV secolo a.C. che videro come protagonista, lo stesso autore. Senofonte, infatti, prese parte alla spedizione dei “Diecimila”, un manipolo di mercenari greci assoldati da Ciro il giovane per spodestare Artaserse II, suo fratello, dal trono di Persia. Tuttavia nella battaglia di Cunassa (401 a.C.) Ciro perse la vita e i diecimila si trovarono a fronteggiare una nuova insidia: il viaggio per tornare verso la patria. Il deserto, i tradimenti e le lotte intestine seguono Senofonte e i suoi uomini per tutto il viaggio durato più di un anno.
Un’opera unica nel suo genere
L’opera dello storiografo greco è unica nel suo genere, infatti con una prosa libera da ogni tipo di ridondanza (tratto distintivo dell’epos e della letteratura derivante da tradizione orale) risulta una piacevole lettura che riesce a catapultare il lettore in un mondo antico, un mondo diverso, eppure accomunato da un’umanità che rivediamo in ognuno di noi. Leggendolo, troverete, in un particolare momento della vicenda, un senso di liberazione. Vi sembrerà di essere lì accanto ai soldati, che per così tanto tempo camminano nel deserto arrivando fino allo stremo delle forze.
Una semplice esclamazione cambierà tutto
L’esempio più lampante è nel libro IV. Ormai dopo mesi di peregrinazioni nel deserto le truppe non si aspettano null’altro che battaglie e la morte. Se non che, ad un tratto:
“[…] Senofonte e tutti gli altri della retroguardia sentono gli urli e pensano che l’avanguardia sia stata attaccata da nuovi nemici; essi sono già impegnati con gli abitanti del paese messo al sacco: in feroci scontri ne hanno uccisi parecchi, e altri hanno catturato prigionieri mediante imboscate, impossessandosi di una ventina di scudi di vimini ricoperti di pelli bovine pelose non conciate.
Ma le grida aumentano sempre più, e si fanno sempre più vicine: a mano a mano che i sopraggiunti, ansimando per la corsa, si uniscono a quelli che sono già in cima e gridano, lo strepitio aumenta per l’aumentare del numero delle persone. Senofonte, a questo punto, teme che sia successo veramente qualcosa di molto grave. Monta a cavallo e si muove per portare aiuto, seguito da Licio e da altri cavalieri. Non hanno compiuto molte falcate che sentono i soldati gridare: «Il mare! Il mare!» […]”
Ed è qui la forza di Senofonte, ed è per questo che non si può definire l’Anabasi una semplice opera storiografica. Il pathos che l’autore trasmette con le sue parole riesce a smuovere i sentimenti più profondi del lettore, anche a distanza di oltre duemilaquattrocento anni.
Non ci sono parole da aggiungere, leggere l’Anabasi è un’avventura che insegna qualcosa. Un’avventura che ricorderete per molto tempo.
– Piero Palazzesi, scrittore e archeologo
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